Thoreau – “Journal” – 1837
[BOZZA – TRADUZIONE IN CORSO]
Henry David Thoreau – Journal – 1837
1837
“Fa’ in modo di restare da solo, ogni tanto,
Rendi omaggio a te stesso.
Osserva ciò che la tua anima indossa.
Osa guardarti nel petto; poiché esso è tuo:
E scuoti ciò che vi rinvieni.
Chi non ha pace finché non trova buoni compagni
Distrugge la casa, caccia dalla porta la sua mente.”
The Church Porch.
Herbert.
“Amici e compagni, andatevene!
Desidero restare solo;
Mai soddisfatto, se non quando i miei pensieri ed io
Non spadroneggiamo in privato.”
Burton (Anat. Mel.)
“Ci sono due Paradisi in uno
Per poter vivere in Paradiso da soli.”
Marvell “Il Giardino”
22 Ottobre 1837.
“Che fai adesso?” chiese, “Tieni un diario?”— E così oggi scrivo la mia prima annotazione.
Solitudine—
Per stare da solo trovo che sia necessario fuggire il presente – io evito me stesso. Come potrei starmene da solo nella stanza degli specchi dell’imperatore romano? Cerco una soffitta. I ragni non devono essere disturbati, né il pavimento spazzato, né la legna sistemata. – –
– – I tedeschi dicono – – “Es ist alles wahr wodurch du besser wirst”, “È vero tutto ciò che ti rende migliore.” – –
24 Ottobre 1837.
Il Terriccio delle nostre Azioni.
Ogni parte della natura ci insegna che la fine di una vita serve a far posto ad un’altra. La quercia muore al suolo, lasciando nella sua corteccia un fertile terriccio vergine che impartirà una vita vigorosa ad una giovane foresta – – Il pino lascia un suolo sabbioso e sterile – i legni più duri, un terriccio forte e fecondo. – –
Così questo costante processo di erosione e decomposizione crea il terriccio della mia crescita futura. Il mio raccolto dipenderà da come vivo adesso. Se coltivo pini e betulle, il mio terriccio vergine non potrà sostentare la quercia, ma solo pini e betulle, o può darsi che la mia nuova crescita consisterà solo di erbacce e rovi. – –
25 Ottobre 1837.
Primavera
Appare, e siamo ancora una volta bambini; ricominciamo il nostro corso col nuovo anno. Lasciate che la fanciulla non torni più e gli uomini diverranno poeti per il gran dolore. Non appena l’inverno ci ha dato il tempo di rimpiangere i suoi sorrisi, ci arrendiamo alle seduzioni della smania poetica. “I fiori ci osservano con benevolenza dalle aiuole con i loro occhi da bambini – e all’orizzonte la neve delle montagne lontane si dissolve in un leggero vapore” Goethe. Torq. Tasso. – –
Il Poeta
“Sembra evitarci – persino fuggire da noi,
Cercando qualcosa che non conosciamo, –
E che forse nemmeno lui conosce, dopotutto.”
Ibid.
26 Ottobre 1837.
“Il suo sguardo difficilmente si posa sulla terra;
Il suo orecchio ode l’unico clangore della natura;
Ciò che la storia annota – ciò che la vita dà,
Il suo genio lo raccoglie immediatamente e volentieri;
La sua mente riunisce le cose sparse tutt’intorno,
E il suo sentimento anima ciò che è inanimato.
Spesso egli nobilita ciò che ci appariva ordinario,
E ciò che è desiderabile è niente per lui.
Nel suo cerchio magico vaga
L’uomo meraviglioso, e ci conduce
A vagare assieme a lui e a farne parte:
Sembra avvicinarsi a noi, e resta lontano da noi:
Sembra guardarci e veri spiriti
Gli appaiono al nostro posto.”
Ibid.
Come Matura l’Uomo
“Un uomo nobile non deve ringraziare un circolo privato per la sua formazione. La patria e il mondo devono agire su di lui. Deve imparare a sopportare la fama e l’infamia. Dev’essere costretto a conoscere sé stesso e gli altri. La solitudine non deve più placarlo con la sua adulazione. Il nemico non lo risparmierà e l’amico non osa farlo. Allora, battendosi, il giovane costruisce la sua forza, sente ciò che egli è, e presto si sente uomo.”
“Un talento si costruisce nella solitudine
Un carattere nella corrente del mondo.”
“Egli teme solo l’uomo che non lo conosce, e colui che lo evita ben presto lo fraintenderà.” Ibid.
Ariosto—
“Come la natura adorna il suo ricco seno interno con un verde abito variegato, allo stesso modo egli veste tutto ciò che rende gli uomini degni di onore con lo splendente abito della leggenda.— La fonte di ciò che è superfluo gorgoglia là vicino, e ci lascia vedere meravigliosi pesci multicolori. L’aria è piena di rari uccelli, i prati e le cime di strane greggi, l’ingegno si cela seminascosto nel verde, e la saggezza di quando in quando lascia risuonare parole pronunciate a lungo, mentre l’eccitazione sembra scorrere selvaggiamente sul liuto dal bel tono, e tuttavia resta perfettamente sul tempo con un ritmo regolare.”
Bellezza
“È transitoria quella bellezza a cui tu solo sembri rendere onore.” Goethe. Torq. Tasso.
27 Ottobre 1837.
La nebbia – –
La vista arriva solo fino a Nobscot e Anursnack–. Gli alberi stanno con i rami rivolti in basso come pellegrini battuti dalla tormenta, e tutto il paesaggio ha un’aria mesta.
Così quando spessi vapori rannuvolano l’anima, quella si sforza invano di fuggire dall’umile valle del giorno lavorativo, e buca la nebbia densa che nasconde alla vista le vette azzurre all’orizzonte, ma può solo accontentarsi di dare un’occhiata alle vicine colline familiari. – –
29 Ottobre 1837.
Anatre a Goose-Pond
– – Due anatre, della specie detta “estiva” o “dei boschi”,1 che scuotevano beatamente il becco nel loro laghetto preferito, iniziarono ad allontanarsi appena mi avvicinai, e sembravano intenzionate a tagliare la corda, nuotando via maestose come cigni. Si tratta di nuotatrici di primo livello che mi superano con un’andatura spedita e, cosa che per me era un tratto nuovo nella personalità di un’anatra, si immergevano di tanto in tanto e nuotavano tre o quattro piedi sott’acqua per sottrarsi alla mia attenzione. Un attimo prima di immergersi sembravano darsi un cenno di intesa dopodiché, come di comune accordo, era un talloni in su e testa in giù in un batter d’ali d’anatra; e quando riapparivano in superficie era divertente osservare con quale espressione soddisfatta di sé,2 come quella di un funzionario che coglie sul fatto un contrabbandiere, nuotavano via per ripetere l’esperimento.
La Punta di Freccia
Un fatto curioso è avvenuto circa quattro o sei settimane fa, che credo sia degno di nota. John e io eravamo stati a cercare reperti indiani, ed avevamo avuto abbastanza successo, tanto da trovare due punte di freccia ed un pestello quando, una Domenica sera, con le teste ancora piene del passato e dei suoi resti, andammo a fare un giro in direzione della foce del torrente Swamp-bridge. Mentre ci avvicinavamo alla cima della collina che costituisce l’argine del fiume, proruppi in uno straripante panegirico su quei tempi selvaggi, gesticolando con irruenza per spiegarmi.
“Lì a Nawshawtuct,” dissi, “era la loro tenda, il luogo di raduno della tribù e laggiù, sulla collina di Clamshell il luogo dove tenevano le celebrazioni. Questo era senza senza dubbio il loro covo preferito; questa cima era adatta come punto di vedetta. Quante volte si saranno messi qui su questo punto esatto, a questa stessa ora, quando il sole stava tramontando dietro i boschi là in fondo, indorando con i suoi ultimi raggi le acque del Musketaquid, a riflettere sui successi della giornata e sulle prospettive del giorno seguente, o a comunicare con gli spiriti dei loro padri, andati prima di loro nella terra delle ombre! – – “Qui,” esclamai, “stava Tahatawan; e là, (per completare la frase,) c’è la punta di freccia di Tahatawan”.
Subito andammo a sederci sul punto che avevo indicato ed io, per continuare lo scherzo, mi misi a ripulire un normale sasso scelto sul momento, quando ecco! il primo su cui misi le mani, il sasso qualunque che avrei dovuto dissotterrare si rivelò essere una perfetta punta di freccia, affilata come se fosse appena uscita delle mani dell’Indiano che l’aveva realizzata!!!
30 Ottobre 1837.
Alba
Prima abbiamo il grigio crepuscolo dei poeti, con nubi scure stratificate l’una sull’altra che divergono allo zenit. Poi brilla una nube che si introduce ad est, come se portasse in seno un prezioso gioiello; un profondo golfo rotondo di un colore grigio dorato intacca il suo bordo superiore, mentre sottili linee di soffice vapore – che si irradiano dal centro comune – come truppe in armamento leggero scendono ordinatamente ai loro posti.
3 Novembre 1837.
Navigando con e contro la Corrente.
Se qualcuno volesse riflettere, lasciate che si imbarchi su una placido corso d’acqua e che navighi con la corrente. Non potrà opporsi alla Musa. Mentre noi risaliamo la corrente, maneggiando la pagaia con tutte le nostre forze, pensieri afferrati al volo e impetuosi scorrono nel cervello. Sogniamo conflitto – potere – e grandezza. Ma gira la prua in direzione della corrente e la roccia, l’albero, le vacche, la collinetta, assumendo nuove e diverse posizioni, mentre il vento e l’acqua spostano la scena – favoriscono la liquida interruzione del pensiero – vasto e sublime, ma sempre calmo e dolcemente ondeggiante.
5 Novembre 1837.
Verità
La verità ci colpisce alle spalle, e nell’ombra, tanto quanto di fronte e alla luce del giorno.
9 Novembre 1837
La corrente calma scorre più a fondo.
È il ruscello le cui “sabbie argentee e i ciottoli cantano gli eterni stornelli con la primavera”– I primi ghiacci formano un ponte sul suo stretto canale e la sua nota lamentosa viene fatta tacere– Solo la tremola luce del sole attrae lo spettatore sul suo fondo sabbioso. Ma ci sono anime le cui profondità non sono mai state scandagliate – sul cui fondo il sole non splende mai. Vediamo lontano dalle loro rive ripide, ma neanche un soffio d’aria dai loro canali. Solo un sasso affondato o una quercia caduta possono provocare un sussurro– E la loro superficie è sconosciuta alle catene di ghiaccio che legano stretti mille ruscelli affluenti.
12 Novembre 1837.
Disciplina.
Manco ancora del discernimento per distinguere l’intera lezione di oggi; ma non è andata perduta – alla fine verrà da me. Il mio desiderio è comprendere cosa ho vissuto per capire come vivere d’ora in avanti.
13 Novembre 1837.
Il Peccato distrugge la Percezione del Bello.
Sarà questa la prova dell’innocenza- Se posso udire uno scherno, e guardare a questa luna amichevole mentre percorre i cieli con la maestà di una regina con il consueto desiderio.
La Verità—
La verità ritorna sempre a sé stessa. Intravedo un tratto oggi—un altro domani—e il giorno dopo sono fusi insieme.
15 Novembre 1837.
Goethe.
“E adesso che è sera, alcune nubi nell’aria mite sostano sulle montagne, molte stanno ferme anziché muoversi nel cielo, e subito dopo il tramonto il frinire dei grilli inizia ad aumentare,—allora uno si sente ancora una volta a casa nel mondo, non uno straniero—un esiliato. Sono contento come se fossi nato e cresciuto qui, e fossi tornato ora da una caccia alla balena in Groenlandia. Perfino la polvere della madrepatria, mentre turbina intorno alla carrozza, che da lungo tempo non ho veduto, è la benvenuta. Lo scampanellio e il tintinnio dei grilli sono assai gradevoli—penetranti—e non privi di significato. È bello quando dei monelli fischiano per imitare un campo pieno di tali cantori. Sembra che davvero si migliorino a vicenda. La sera è assolutamente mite come il giorno. Se qualcuno del sud, che venisse dal sud—potesse sentire dell’estasi che provo, mi riterrebbe assai infantile. Ahimè! ciò che dico qui l’ho provato da molto tempo sotto un cielo infausto. E adesso questa gioia è per me un’eccezione—di cui godrò d’ora in poi—una necessità della mia natura.” “Viaggio in Italia”
16 Novembre 1837.
Ponkawtassett.
Eccolo il fiume che scorre, o per meglio dire, “vaga in giri di serpente”—le vena giugulare del Musketaquid. Chi può dire quanta della proverbiale moderazione dei suoi abitanti sia stata catturata del suo flusso monotono.
La neve dà al paesaggio l’aspetto di una giornata di bucato – qui una striscia bianca, là una striscia scura—stesa come un tovagliolo sulle colline e sui prati. Questa dev’essere una rara giornata di asciugatura; a giudicare dal vapore che galleggia sul cortile della ‘vasta biancheria’.
Cento armi stanno sparando e una bandiera sventola in città per celebrare la vittoria dei whig. Adesso una breve relazione noiosa—il mero disco di un suono privato dei suoi raggi—poi uno sbuffo di fumo si leva all’orizzonte per congiungersi ai suoi parenti di nebbia nel cielo.
Goethe.
Egli fa una descrizione talmente vivida dell’antica torre che quelli nati e cresciuti nella quartiere devono guardarsi le spalle “così che possano contemplare coi loro occhi ciò che io ho lodato ai loro orecchi” – “e non ho aggiunto nulla, neppure l’edera che per secoli aveva decorato le pareti” “Viaggio in Italia”
17 Novembre 1837
Alba.
Adesso il re del giorno gioca a nascondino dietro l’angolo del mondo ed ogni finestra di casa ride con un sorriso dorato—vera e propria immagine della gioia—vedo l’acqua che luccica negli occhi. I respiri soffocati del giorno che si sveglia colpiscono l’orecchio con un moto ondulatorio – dalla collina e dalla valle, dal pascolo e dal bosco, essi giungono a me, ed io sono a casa nel mondo.
Il Cielo.
Se non c’è niente di nuovo sulla terra, c’è comunque qualcosa di nuovo nel cielo. Abbiamo sempre una risorsa nel cielo. Esso gira costantemente una pagina da vedere. Il vento dispone i caratteri su questo sfondo blu, e chi indaga può sempre leggere una nuova verità.
18 Novembre 1837.
Virgilio
—“Pulsae referunt ad sidera valles—” è un verso che salverebbe un’epica; e con quanta finezza egli conclude la sua “agrestem musam”, adesso che Sileno ha terminato e che le stelle hanno udito la sua storia—
Cogere donec oves stabulis, numerumque referre
Jussit, et invito processit Vesper Olympo.
Armonia
La natura non fa rumore. La tempesta che urla—il fruscio delle foglie—il picchiettare della pioggia—non costituiscono un disturbo, C’è in loro un’armonia essenziale e inesplorata. Perché il pensiero fluisce con una corrente così profonda e scintillante quando il suono di una musica lontana colpisce l’orecchio? Quando voglio riflettere non mi lamento per una brano rumoroso al pianoforte—perfino una Battaglia di Praga—se suonato con armonia – ma un tambureggiare irregolare o dissonante è intollerabile.
Ombre.
Quando un’ombra attraversa rapida il paesaggio dell’Anima—dov’è la sostanza? Ha sempre origine dal peccato? E quel peccato è dentro o fuori di me?
20 Novembre 1837.
Virgilio.
Leggerei Virgilio, fosse anche solo per farmi ricordare di come la natura umana è identica in tutte le epoche. Traggo soddisfazione in “jam laeto turgent in palmite gemmae,” o “Strata jacent passim sua quaeque sub arbore poma.” Era lo stesso mondo, e lo abitavano gli stessi uomini.
21 Novembre 1837.
Nawshawtuct.
Uno deve assolutamente salire su di una collina per conoscere il mondo in cui vive. Nel bel mezzo di questa estate indiana sono appollaiato sulla roccia più alta di Nawshawtuct—un vento di velluto soffia da sud-est—mi sembra di sentirne gli atomi che urtano contro la mia guancia. Colline, montagne, campanili, risaltano nitidi all’orizzonte—mentre io sto appoggiato alla protuberanza rotonda di un enorme scudo—il fiume come una vena d’argento che ne cinge il margine—e da lì lo scudo si alza gradualmente verso il suo orlo, l’orizzonte. Non si vede una nuvola, solo villaggi—case—foreste—montagne—uno sull’altro, fino a che non vengono ingoiati dal cielo. L’atmosfera è tale che mentre guardo intorno la lunghezza e la vastità della regione—questa si allontana dalla mia vista e sembra che io sia cercando i fili del velluto.
Perciò ammiro la grandiosità del mio carro di smeraldo—con il suo orlo blu—sul quale avanzo attraverso lo spazio.
26 Novembre 1837
Pensieri
Mi guardo in giro alla ricerca di pensieri quando sono traboccante di me stesso. Mentre vado avanti con la mia vita, il pensiero è ancora in embrione—non si muove dentro di me. Presto comincia a prendere forma e bellezza, lo do alla luce, e lo vesto dei suoi abiti di parole. Ma ohimè! quanto spesso, quando i pensieri mi soffocano, ricorro a un colpetto sulla schiena—o ingoio una crosta—o faccio tutto tranne che sputarli fuori.
28 Novembre 1837.
Hoar Frost e Green River.
Ogni recinzione alberata ed ogni stelo d’erba che riuscisse a sollevare la testa al di sopra della neve, era coperto stamattina da un denso strato di brina. Gli alberi sembravano eteree creature d’ombra colte nel sonno- Da questa parte stavano rannicchiati insieme, mentre i loro grigi capelli ondeggiavano, in una valle remota in cui il sole non era ancora penetrato – e su quella se ne andavano in fila indiana lungo le linee delle siepi e i corsi d’acqua – mentre gli arbusti e le erbe – come elfi e fate della notte cercavano di nascondere le loro teste sminuite nella neve.
I rami e le erbe più alte erano coperte da un meraviglioso fogliame di ghiaccio che corrispondeva foglia per foglia al loro abito estivo. Le fibre che divergevano dal centro — anche le più minute — erano perfettamente distinte, e i bordi dentellati in modo regolare.
Queste foglie si trovavano sul lato del rametto o della stoppia opposto al sole (quando non era piegato verso est) andandogli incontro perlopiù ad angolo retto, e ce n’erano altri che sporgevano con ogni angolo possibile sopra queste e una sull’altra.
Mi colpì che queste foglie fantasma e quelle verdi le cui foglie le prime assumevano, fossero creature che obbedivano alla stessa legge. Non poteva essere che in ottemperanza a due leggi distinte i fluidi vegetali si gonfiassero nella foglia perfetta da un lato e che le particelle dei cristalli si ammassassero secondo il loro solito nello stesso ammirevole ordine dall’altro.
Il fiume, osservato dall’argine lassù appariva di un colore verde-giallastro, ma ad un approccio da vicino questo fenomeno svaniva – e tuttavia il paesaggio era coperto di neve.
5 Dicembre 1837.
Arpa di Ghiaccio
Il mio amico mi dice di aver scoperto una nuova nota in natura che chiama Arpa-di-ghiaccio. Essendogli capitato di lanciare una manciata di ciottoli sul lago, in un punto dove c’era una camera d’aria sotto il ghiaccio – questo gli ha parlato con una musica piacevole. Qui risiede una decima musa—e poiché lui è stato l’uomo che l’ha scoperta—probabilmente la melodia in più è dentro di lui.
8 Dicembre 1837
Goethe.
Egli è generalmente contento di fornire una descrizione esatta dagli oggetti per come gli appaiono, e il suo genio si mostra negli aspetti che coglie e che illustra. La sua descrizione di Venezia e del suo circondario visti dalla Marcsthurm è quella di uno spettatore indifferente il cui scopo è di descrivere fedelmente quello che vede, e ciò anche, per la maggior parte, nell’ordine in cui lo ha visto. Questo tratto è ciò che va principalmente premiato nel libro—perfino le riflessioni dell’autore non interferiscono con le sue descrizioni.
In questo modo sarebbe possibili per le menti inferiori produrre libri dal valore inestimabile.
10 Dicembre 1837.
Misura.
Non è solo il falegname che porta la sua riga in tasca—lo spazio è alquanto sottomesso a noi. Il contadino più malvagio trova in un capello sulla sua testa o nella bianca mezzaluna sulla sua unghia l’unità di misura per la distanza di stelle fisse. Il suo dito medio dà la misura dello spazio in dita – estende alcune volte il pollice e l’indice, e l’oceano è misurato a spanne – allunga le braccia, e del mare è scandagliata la profondità.
12 Dicembre 1837
Pensiero
Ci sono volte in cui il pensiero si fa largo in un sottobosco di parole per giungere all’azzurro chiarore al di là di esso;
“Oltre la palude, o il pendio, attraverso lo stretto, l’accidentato, il denso, o il rarefatto,
Con testa, mani, ali, o piedi, prosegue per la sua strada, E nuota, o affonda, o guada, o striscia, o vola;”–
Ma lascia che indossi i suoi ingombranti abiti quotidiani, ed ogni scintillante goccia di rugiada sembrerà una “palude di sconforto.”
Particolarità
Quando parliamo della particolarità di un uomo o di una nazione – crediamo di descriverne solo una parte – un mero punto matematico – ma non è così. Essa pervade tutto. Alcune parti possono essere più lontane di altre da questo centro, ma non c’è un solo frammento così remoto da non esserne illuminato o adombrato.
Spine
Nessuna facoltà dell’uomo è stata creata per uno scopo inutile o malvagio – in nessun modo egli può essere completamente cattivo, ma le passioni peggiori affondano le loro radici in quelle migliori – come la rabbia – ad esempio, può essere solo un sentimento alterato di ciò che è sbagliato – che tuttavia conserva tracce della sua origine. Allo stesso modo è dimostrato che una spina è solo un ramo rudimentale, “che, nondimeno, pur essendo una spina, produce foglie e, nel caso della Euphorbia heptagona, a volte anche fiori e frutti.”
15 Dicembre 1837
Jack-Frost
A ulteriore riprova del fatto che la vegetazione sia una sorta di cristallizzazione, noto che sul bordo del ghiaccio che si scioglie sulle finestre, Jack fa dei trucchi singolari; ora mette insieme le sue foglie a forma di spillo a rassomigliare campi ondeggianti di grano, o mucchi di grano che si ergono qua e là fra le stoppie. Da un lato ti si presenta la vegetazione delle zone torride – alte palme torreggianti, ampi banani, come quelli che si vedono nelle immagini di scene orientali – Dall’altro ci sono pini artici -congelati, con i rami rivolti in basso, come le braccia di teneri uomini nel tempo gelido. In certi casi i vetri sono coperti di piccoli fiocchi soffici, le cui parti si irradiano da un centro comune – il numero di raggi varia da tre a sette o otto. Le particelle cristalline hanno un debole per le irregolarità e le imperfezioni del vetro, e quando queste si estendono da un lato all’altro del telaio – formano delle file di siepi perfette, o dei corsi d’acqua in miniatura, che le dense masse del fogliame di cristallo – “cingono con un alto pergolato”.
16 Dicembre 1837
Foschia ghiacciata
I boschi stamane erano coperti da sottili strisce di vapore – l’evaporazione delle foglie stando a Sprengel, che sembrava improvvisamente indurita dal freddo. In certi punti si stendeva come foschia sulle cime degli alberi, formando vasti prati, dove gli elfi e le fate tenevano nobili tornei;
“davanti ad ogni carro
spronano in avanti gli eterei cavalieri, e abbassano le loro lance,
fino all’approssimarsi delle fitte legioni.”
L’oriente brillava di una stretta, ma indistinta mezzaluna di luce, il blu dello zenit si mescolava in tutte le possibili proporzioni con il color salmone dell’orizzonte – E adesso le cime delle colline vicine telegrafano a noi leccapiedi di pianura i dorati vessilli orientali del Monarca– e presto le sue “lunghe righe orizzontali”3 scendono secondo il settore e le più umili finestre delle case salutano il loro Signore.
Fatti
Quanto è indispensabile ad un corretto studio della natura la percezione del suo vero significato— Il fatto fiorirà un giorno in una verità. La stagione farà maturare e fruttificare ciò che la conoscenza ha coltivato. I meri accumulatori di fatti–quanti raccolgono i materiali per i lavoratori esperti, sono come quelle piante che crescono nelle foreste buie, che “mettono solo foglie anziché fiori.”
17 Dicembre 1837
Druidi
In tutte le età e in tutte le nazioni osserviamo l’inclinazione verso un giusto stato di cose. Ciò si osserva in particolar modo nella storia dei sacerdoti – la cui vita si avvicina maggiormente a quella dell’uomo ideale– I druidi non pagavano tasse ed “erano dispensati dal servizio militare e da tutto il resto.”4 Anche oggi il clero è una classe privilegiata.
All’ultimo stadio della civilizzazione — Poesia — Religione e Filosofia saranno una cosa sola – e questa verità si intravede nella prima – L’ordine druidico era suddiviso in Druidi–Bardi–e Ovati. “I Bardi erano i poeti e i musicisti, alcuni dei quali erano satirici, altri encomiasti. Gli Ovati sacrificavano, divinavano e contemplavano la natura delle cose. I Druidi coltivavano la fisiologia e la filosofia morale; o, come riferisce Diodoro, erano i loro filosofi e teologi.”5
18 Dicembre 1837
Goethe
Richiedeva che la sua eroina, Ifigenia, non dicesse nulla che non potesse essere pronunciato dalla santa Agata, la cui immagine egli contemplava.
Immortalità Post
Le nazioni rivendicano una immortalità post così come una immortalità ante. Gli ateniesi indossavano un grillo dorato come simbolo del loro essere venuti dalla terra, e gli arcadi pretendevano di essere προσεληνου, o antecedenti alla luna –
I vari Platoni non sembrano aver considerato questa antica tendenza della mente umana.
Cosa c’è in un nome
Agli uomini piace essere chiamati figli dei loro padri – una verità tanto piccola gli basta – e chiunque si rivolga a loro con questo titolo o con un altro simile, viene chiamato poeta. L’oratore rivolge un appello ai figli della Grecia – della Britannia – della Francia – o della Polonia; e il nome familiare dei nostri padri acquista un qualche interesse per il fatto che Sakai-suna significa figli-del-Sakai.6
19 Dicembre 1837
Inferno
L’inferno stesso può essere contenuto nello spazio di una scintilla.
Sassoni
All’inizio sembra anomalo il fatto che meno un popolo deve battersi, più è fortemente legato ai suoi diritti. I Sassoni di Ditmarsia combattevano per un principio, non per le loro sabbie sterili e le paludi incolte.
Nel complesso noi siamo gli stessi Sassoni che erano i nostri padri, quando fu detto di loro – “Essi competono in ospitalità, poiché il saccheggio e la liberalità sono la gloria di un Holsate; non essere esperto nella scienza del saccheggio significa, secondo lui, essere stupido e vile.”7
I Francesi sono come i Franchi, di cui è scritto: “Francis familiare est ridendo fidem frangere”8 – “Gens francorum infidelis est. Si perjeret Francus quid novi faciet, qui perjuriam ipsam sermonis genus putat esse non criminis.”9–10
Cristalli
Questa mattina osservavo che il ghiaccio a Swamp Bridge formava una scacchiera con una sorta di mosaico di pieghe o scanalature bianche – e quando ne ho esaminato il lato inferiore, ho notato che era coperto da una massa di cristallizzazioni profonde dai tre ai cinque pollici – che si ergevano, o piuttostono si sostenevano ad angolo retto sul ghiaccio vero e proprio, che era spesso circa un ottavo di pollice – C’era già del ghiaccio più vecchio sei o sette pollici sotto di esso.
I cristalli erano per lo più prismi triangolari – con la parte bassa aperta – sebbene in alcuni casi si fossero uniti a formare prismi di quattro o cinque lati. Quando si poggiava il ghiacchio sul lato liscio, avevano l’aspetto di tetti e guglie di una città gotica, o di imbarcazioni in un porto affollato sotto la spinta delle vele issate.11
Notai inoltre che, laddove il ghiaccio sulla strada si era sciolto lasciando scoperto il fango, quest’ultimo, come cristallizzato, scopriva innumerevoli fessure rettilinee, lunghe più o meno un pollice – una continuazione, per così dire, del ghiaccio a scacchiera.
22 Dicembre 1837.
Circa un anno fa, avendo messo via una scodella che aveva contenuto del rabarbaro grattugiato nell’acqua, senza averla lavata, fui meravigliato nel constatare, alcuni giorni dopo, che il rabarbaro si era cristallizzato, ricoprendo di cubi perfetti il fondo della scodella, del colore e della consistenza della colla, e di un diametro di un decimo di pollice.
23 Dicembre 1837.
Cristalli
Oggi ho attraversato il fiume sul ghiaccio – Sebbene il tempo sia rigido e freddo – e il terreno sia coperto – ho notato un pettirosso solitario che sembrava avesse bisogno che i servizi resi ai piccoli nel bosco gli venissero restituiti velocemente.
- Due anatre, della specie detta “estiva” o “dei boschi”: “summer duck” o “wood duck”↩︎
- con quale espressione soddisfatta di sé:↩︎
- (cercare citazione)↩︎
- (cercare citazione)↩︎
- (cercare citazione)↩︎
- figli-del-Sakai: riferimento ad una probabile etimologia della parola Saxons, da Sakai-suna abbreviato in Saksun.↩︎
- ”Essi competono in ospitalità […] Helmold di Bosau (Elmoldo), Chronica Slavorum, cit. in Sharon Turner, The History of the Anglo-Saxons.↩︎
- Francis familiare est […]: “I Francesi solgono rompere i patti ridendo” (traduzione mia). Vopiscus Syracusius (Flavio Vopisco), “Firmus, Saturninus, Proculus, et Bonosus”, in Historia Augusta, cit. in Sharon Turner, The History of the Anglo-Saxons. Si riporta il brano originale: “Hunc tamen Probus fugatum usque ad ultimas terras et cupientem in Francorum auxilium venire, a quibus originem se trahere ipse dicebat, ipsis prodentibus Francis, quibus familiare est ridendo fidem frangere, vicit et interemit.”↩︎
- Gens francorum infidelis est […]: “Il popolo dei Franchi è traditore. Se un Franco giura il falso cosa c’è di strano, dal momento che egli ritiene lo spergiuro un tipo di discorso e non un crimine?” (traduzione mia). Salvianus Massilienis (Salviano di Marsiglia), De Gubernatione Dei, libro IV, cit. in Sharon Turner, The History of the Anglo-Saxons. Leggasi “ipsum” anziché “ipsam”. Si riporta il brano originale: “Gens Saxonum fera est, Francorum infidelis, Gepidarum inhumana, Chunorum impudica; omnium denique gentium barbarorum vita, vitiositas. Sed numquid eumdem reatum habent illorum vitia quem nostra, numquid tam criminosa est Chunorum impudicitia quam nostra, numquid tam accusabilis Francorum perfidia quam nostra, aut tam reprehensibilis ebrietas Alani quam ebrietas Christiani, aut tam damnabilis rapacitas Albani quam rapacitas Christiani? Si fallat Chunus vel Gepida, quid mirum est, qui culpam penitus falsitatis ignorat? Si perjeret Francus, quid novi faciet, qui perjurium ipsum sermonis genus putat esse, non criminis?” –↩︎
- 19 Dicembre 1837: I tre brani che Thoreau cita nelle annotazioni del 19 Dicembre 1837 sono tutti riportati nella History of the Anglo-Saxons di Turner. È interessante notare che il primo, quello di Helmold di Bosau, appare (in inglese) nel corpo del testo, mentre gli ultimi due sono riportati in una nota che è a suo modo (mi si passi il bisticcio) degna di nota. Qui Turner apre dicendo che: “The ancient writers give us some curious traits of the Francs of this period”; seguono poi gli esempi di questi “curiosi tratti” dei Franchi, ovvero i già menzionati “Francis familiare est[…]” e “Gens Francorum infidelis est […]”, che potrebbero bastare ma Turner decide di riportare ancora qualche parola di Salviano di Marsiglia (“Franci mendaces, sed hospitales”); la nota si chiude in questo modo: “This union of laughter and crime, of deceit and politeness, has not been entirely unknown to France in many periods since the fifth century.”↩︎
- press of canvass: L’edizione del 1844 del dizionario Webster riporta la seguente definizione per l’espressione omologa press of sail: “in navigation, is as much sail as the state of the wind will permit.”↩︎